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L’Italia ed il paradosso delle “materie prime critiche”

L’Italia importa il 99% delle materie prime critiche dall’estero. Cosa sono? Sono quei materiali essenziali per lo sviluppo tecnologico, industriale ed economico, caratterizzati da una combinazione di importanza strategica per settori chiave (come elettronica, energia rinnovabile, automotive) e alto rischio di approvvigionamento dovuto alla loro scarsità, alla concentrazione geografica in aree di conflitto ed alla loro difficoltà di riciclo.

Le norme europee (il Critical Raw Materials Act è in vigore dal 3 maggio 2024) prevedono di ridurre la dipendenza nell’approvvigionamento coprendo entro il 2030 il 10% del fabbisogno annuale di queste materie prime critiche con l’estrazione, il 25% con il riciclo e il 40% della lavorazione su suolo europeo.

Lavorazione dei RAEE, l’Italia è ancora indietro

Il problema in Italia però è rappresentato dal fatto che per quanto riguarda la filiera delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, sul territorio nazionale sono ancora pochissimi gli impianti in grado di recuperare materia dai RAEE, soprattutto a causa della mancanza di “materia prima”, dal momento che la raccolta dei RAEE è ancora troppo bassa.

Lo scorso agosto nel nostro Paese è entrato in vigore il decreto materie prime critiche, finalizzato a recepire le previsioni del Critical Raw Materials Act europeo. Le nuove norme, però, si concentrano quasi esclusivamente su una nuova stagione di estrazioni minerarie, mentre sul riciclo c’è solo una prescrizione che i tempi autorizzativi degli impianti, definiti strategici, vengano fissati in un massimo di 10 mesi.

Colmare il gap

La nascita del nostro impianto vuole andare a colmare questo gap avviando un ciclo virtuoso che partendo dal recupero dei RAEE ne permetta la valorizzazione anche attraverso la lavorazione di materie prime critiche. Questo approccio rappresenta una risposta concreta alle sfide della sostenibilità.

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